Chi è Zanni Egeo Diomarta? Un poeta? Un sottile ed erudito
sollevatore di polemiche? Onestamente non mi sono mai posto il quesito,
fin dal primo momento in cui ho avuto la fortuna e il piacere di
conoscerlo, quando le nostre strade si sono incrociate in grazia della
comune passione per la cultura e la poesia e, forse, anche a causa di
qualche sotterranea e invisibile affinità elettiva, che ha radici nelle
parti più segrete e insondabili dell’animo umano. Ma, senza pormi alcuna
domanda, Zanni mi ha sempre dimostrato un fatto basilare e di
importanza capitale: quello di essere un professionista e un uomo che
non solo fa, ma soprattutto vive la poesia e la letteratura. E, quando
si vive la letteratura, non si può essere parziali o settari, non si può
cioè sezionarne il corpo, quasi fosse quello di un cadavere sottoposto
ad autopsia, come invece capita di fare fin troppo spesso proprio ai
critici letterari e agli studiosi, seppur in buona fede (ma molte,
troppe volte, un po’ meno). Se si vive la letteratura nel vero senso del
termine, non si può far altro che accettarla ed accoglierla a braccia
aperte per quello che è: un’anima e un corpo vivi, caldi e sanguigni,
che racchiudono e comprendono nella loro sterminata visione tutti gli
aspetti del reale, dai più nobili e sublimi fino ai più infimi e
degradanti. C’è poco da stare a sindacare, cosa che per altro non è né
il mio lavoro, né quello di Zanni. Questo libro, di cui sono onorato di
poter scrivere la prefazione, dimostra certamente che Zanni Egeo
Diomarta è un uomo che vive la poesia e la letteratura, senza limitarsi a
guardarle e contemplarle rispettosamente (ma solo in apparenza)
dall’esterno, senza ridurle esclusivamente al loro aspetto certamente
più dorato e scintillante, più epico o liricheggiante.
(dall'introduzione di Giovanni Di Vico)
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